Isabelle è una genetista che vive a Berlino. Sta divorziando da James, un uomo molto brusco, e si contendono la custodia della loro figlia Zoe. Un giorno, però, la bambina non si sveglia ed entra in coma. Quando non ci sarà più niente da fare, la madre scienziata non si rassegnerà di dire addio per sempre a sua figlia e farà di tutto per riaverla con sé.
Presentato al Toronto Internaional Film Festival e allo Zurich Film Festival nel 2019 e uscito lo scorso anno in on demand in quasi tutta Europa – tranne da noi – dopo una premiere al Tribeca Film Festival, My Zoe viene classificato come un dramma con venature da thriller scientifico visto che affronta discorsi, e dilemmi, etici sulla sperimentazione.
Toccante, emozionante e tremendamente realistico, My Zoe è un film che non si dimentica.
Incredibile la costruzione di questa famiglia spezzata con una bimba estremamente amata dai propri genitori, i quali non riescono proprio ad andare d’accordo. Continue frecciatine, colpi bassi – specialmente da lui che non riesce a digerire il fatto che la sua ex moglie abbia un nuovo compagno – e tanti rancori. Si soffre ad assistere a questo teatro, specialmente quando la situazione peggiorerà con il ricovero della piccola Zoe. Tutto quello scritto sopra si amplifica, si moltiplica aggiungendo gli inevitabili sensi di colpa e lo scaricare la colpa. Un colpo fortissimo allo stomaco, ma estremamente reale e mai retorico.
A questa prima parte ne segue un’altra che porta alla discussione, al dibattito. Una madre che non si rassegna a dire addio alla propria figlia e che le prova tutte pur di riavere una Zoe in perfetta salute. Non tutti saranno d’accordo con le scelte della protagonista, ma è proprio questo il bello. Sicuramente non è una visione facile per chi è genitore.
Julie Delpy scrive, dirige ed è la protagonista di questo bellissimo dramma e le riesce tutto fantasticamente bene.
L’artista francese ha iniziato a prendere appunti per questo film più di venti anni fa, dopo aver parlato con Kieslowski sull’essere genitori, amore e destino e si vede che ci crede così tanto in questo progetto per quanto è realizzato con cura ed estrema attenzione. Grande tensione drammatica e interessanti gli sguardi che presenta dal punto di vista della protagonista, come quando sta per perdere la figlia e viene inquadrato un uomo che fuma oppure quando vorrebbe riavere sua figlia e vede donne più grandi di lei in piena gravidanza. La Delpy non si vergogna a mostrare l’invidia, la rabbia della protagonista che non si rassegna fino all’ultimo minuto del film. La scena in cui si immagina di prendere per mano sua figlia è indimenticabile.
Ottima la sceneggiatura che non si preoccupa di piacere, ma che racconta senza filtri uno spaccato di vita vera con una virata fantascientifica. Anche nella seconda parte, quando si va nell’etico, non perde di mordente e di interesse con dialoghi, battute e personaggi efficaci.
My Zoe, inoltre, è un film recitato in maniera meravigliosa.
Julie Delpy è gigantesca nei panni di Isabelle in una performance mai urlata ed estremamente sofferta. Le grida vengono da dentro. E’ affiancata da un altrettanto grandioso Richard Armitage in una performance cinematografica finalmente all’altezza del suo sconfinato talento mostrato più volte sui palcoscenici teatrali e meno sul grande schermo, colpa di ruoli che non facevano la differenza.
I due immensi interpreti sono accompagnati da comprimari di tutto rispetto come Gemma Arterton – perfetto contraltare della protagonista nei panni di una madre con grande morale ed etica – e Daniel Bruhl come dottor Fischer, diviso tra etica e desiderio di essere sempre il primo sul campo. L’attore ispano-tedesco e la Arterton sono impeccabili come coniugi e hanno una bella chimica.
Degna di nota, come se ci fossero dei dubbi, Lindsay Duncan nei panni della madre della Delpy. Incredibile che non siano veramente madre e figlia nella vita reale vista la somiglianza!