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Gemma Arterton Italia
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Giorni d’estate, meraviglioso balsamo per l’anima

by Gian 24 Agosto 2022

Durante la seconda guerra mondiale, una donna inglese scorbutica e solitaria apre il suo cuore a un evacuato dopo aver inizialmente deciso di sbarazzarsi di lui.

Esce finalmente il 25 Agosto nelle nostre sale ‘Giorni d’estate’ (Summerland), un film drammatico storico veramente prezioso. Al suo debutto come regista cinematografica, la pluripremiata autrice teatrale Jessica Swale fa centro anche qui regalandoci uno dei film più incisivi dell’anno.

Amore, perdita, rimpianto, amicizia, maternità e misticità: Giorni d’estate è tutto questo.

Tutte queste qualità convivono tranquillamente grazie a una sceneggiatura, sempre scritta dalla Swale, che è scritta in maniera meravigliosa: storia emozionante, belle battute, bei dialoghi, personaggi molto sfaccettati e mai superficiali. Non è il classico dramma ricattatorio da lacrima facile, ma un film che è balsamo per l’anima. Delicatezza e tanta poesia fanno da regine per tutta la durata.

Gemma Arterton e Lucas Bond – foto di Michael Wharley

La protagonista viene additata come una di quelle streghe solitarie che abitano in mezzo al bosco solo perché solitaria e interessata a studi non convenzionali, ma il destino bussa alla sua porta facendola rimettere in gioco senza perdere il suo forte carattere. Si parla anche di omosessualità, una grande e forte storia d’amore non facile che ti cambia per sempre, ma anche di diverse sfaccettature di maternità.

Giorni d’estate non è mai banale e pesante, ma sempre accompagnato da un velo di magia.

Questo è sicuramente il debutto cinematografico più riuscito per un autore/regista teatrale negli ultimi anni, visto che Jessica Swale dimostra di saper anche dirigere la storia con un bel ritmo, una fantastica atmosfera lasciando la sua propria impronta. Questo dramma ha tanta anima, e carattere, anche grazie alla meravigliosa fotografia di Laurie Rose, dop prediletto di Ben Wheatley.

Gemma Arterton e Gugu Mbatha-Raw

Gemma Arterton è immensamente brava nei panni di Alice, bravissima nel non farla risultare mai antipatica perché non le fa abbandonare quel velo di tristezza. Un personaggio molto complesso, per niente facile che è cucito perfettamente su di lei. Anche qui non vediamo l’interprete, ma questa donna solitaria assolutamente affascinante per la sua forte personalità. Sempre struccata, è interessante il lavoro fatto con i costumi su di lei: al passato perfettamente abbinata con colori che le stanno bene, mentre nel presente con tonalità più spente e accessori che cozzano con il vestiario, come se non le importasse come apparire agli altri. Non ne vede l’utilità, non ha voglia.

L’eccellente Arterton ha una chimica così meravigliosa con la perfetta Gugu Mbatha-Raw che le vorresti vedere insieme in ogni secondo, sempre felici e innamorate. Le loro scene insieme sono fiabesche, eteree. Bravissimo il piccolo Lucas Bond, visto quest’anno anche nella seconda stagione di L’alienista su Netflix, ottimo nel dare tutte le sfumature al personaggio di Frank. Deliziosi, se così si può dire, Tom Courtenay e Penelope Wilton che interpreta la protagonista da anziana.

‘Giorni d’estate’ è una delle più belle sorprese dell’anno, un film emozionante che fa stare bene, uno di quelli che vorresti vedere ogni volta che sei giù per le emozioni, la magia e la speranza che emana.

Un grande esempio che il cinema indipendente è più forte e agguerrito di quello mainstream. Imperdibile!

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24 Agosto 2022 0 comment
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The King’s Man, il divertimento è servito – La recensione

by Gian 6 Gennaio 2022

Una mente criminale pianifica di annientare milioni di persone e, appoggiato da un gruppo di personalità influenti, fanno innescare la Prima Guerra Mondiale. Sarà l’inglese Oxford a lottare contro il tempo per evitare il peggio, fondando la prima agenzia di intelligence indipendente del Regno Unito. 

Dopo due anni di slittamento causa pandemia, è uscito il 5 Gennaio nelle nostre sale The King’s Man – L’inizio, terzo film del fortunato franchise che ha guadagnato coi primi due capitoli ben 825,2 milioni di dollari e primo lungometraggio prequel che sorprende già nelle prime scene per il cambio di rotta che può spiazzare. 

Analizzando la filmografia del regista Matthew Vaughn, The King’s Man è più vicino come toni a X-Men – L’inizio che agli altri Kingsman.
Gemma Arterton è Polly

Più serio e decisamente meno goliardico rispetto ai precedenti, questo cambio di rotta può lasciare di sasso lo spettatore. Il regista inglese, però, si diverte a unire la storia con il divertissement dello spionaggio. Chi sarà questo boss che gestisce così tanti cattivoni sparsi per il Mondo? 

Se in X-Men – L’inizio trovavamo supereroi che si scontravano con la guerra fredda, qui viviamo di prima persona la Prima Guerra Mondiale con personaggi realmente esistiti presentati deliziosamente sopra le righe. La guerra è molto presente in The King’s Man – L’inizio ed è l’unico difetto che sporca questo bellissimo film: la spy story a un certo punto viene sovrastata troppo dalle trincee e allentano leggermente il ritmo.

E’ veramente deliziosa e di grande intrattenimento questa commistione di eventi realmente accaduti con fatti inventati. 

Il film non annoia neanche un secondo e colpisce sicuramente per originalità e fattura: le scene d’azione sono orchestrate meravigliosamente, i personaggi sono tutti riusciti e non mancano picchi emozionanti e drammatici. Matthew Vaughn decide di alzare la posta e dimostra di essere un credibile autore anche sul fronte più serio.

Djimon Hounsou, Harris Dickinson e Gemma Arterton

Grandissimo pregio di The King’s Man – L’inizio è l’eccellente cast, dal ruolo più grande a quello più piccolo. Ralph Fiennes è perfetto nei panni di Oxford, meravigliosamente bilanciato tra divertimento e dramma. Djimon Hounsou è un’impeccabile spalla, ineccepibile controparte più fisica e meno british rispetto il protagonista. Rhys Ifans è un fantastico Rasputin che riesce a strappare risate senza rendere completamente ridicolo il personaggio. Da applausi Tom Hollander nel triplo ruolo di Re Giorgio, il Kaiser Wilhelm e lo Tsar Nicholas.

Gemma Arterton illumina lo schermo con la sua Polly, una donna anti convenzionale che risolve sempre le situazioni, di supporto ma non per questo messa in ombra. E’ piacevolmente spiritosa, senza filtri, sincera e ha gran parte delle battute più riuscite. Sicuramente uno dei personaggi più riusciti, speriamo che nel sequel abbia ancora più spazio e si vada più a fondo sulle sue origini visto che non ne sappiamo molto. Perfettamente disinvolta tra commedia, azione e dramma, la sua recitazione naturale e spontanea non fa risultare il suo personaggio fastidioso.

Bravo Harris Dickinson, chiudono il cast i sempre impeccabili Daniel Bruhl, Charles Dance, Matthew Goode e Stanley Tucci. Fa piacere ritrovare Aaron Taylor-Johnson in un film di Vaughn dopo Kick-Ass del 2010.

"Perché voi uomini la fate tanto complicata?"

Con dei bellissimi costumi e una gustosa colonna sonora, The King’s Man è indubbiamente un bellissimo film, coi suoi tanti pregi, i suoi difetti e con un finale che emozionerà i grandi fan del franchise, facendo desiderare subito un sequel. 

Non fidatevi dei trailer fuorvianti e fatevi catapultare in questa divertente, emozionante storia fatta di azione, tensione, risate e lacrime.
 
 
Articolo in collaborazione con JAMovie, che trovate anche su Facebook, Instagram e Twitter
 
 
 
 
 
 
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6 Gennaio 2022 0 comment
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Narciso Nero, diamante d’autorialità e tentazione – La recensione

by Gian 14 Aprile 2021

Più come film tv a capitoli che mini-serie, “Narciso Nero” è un bellissimo prodotto di grande autorialità.

Sorella Clodagh è una delle suore mandate a convertire un remoto harem sulla scogliera noto come “Casa delle Donne” in un convento. Le sorelle troveranno diversi problemi, dalle difficoltà materiali alla diffidenza locale, ma anche le tentazioni della carne. Complici l’isolamento e le influenze maschili, questa tensione scoppierà facendo danni irreparabili.

Uscito lo scorso anno in America su FX e Hulu, arriva questo Venerdì su Star di Disney+ “Narciso Nero”, trasposizione televisiva del romanzo omonimo di Rumer Godden del 1939, precedentemente portato sul grande schermo nel 1947. Inutile, quindi, fare paragoni tra i due lavori vista la differente destinazione e durata.

Allo stesso tempo questa nuova versione è più un film tv a capitoli che una mini-serie, infatti è stata trasmessa interamente in un’unica sera e arriverà su Star – come serie Star Original – proprio in un unico blocco, senza aspettare di settimana in settimana le altre puntate. Sembra di vedere un lungo film d’autore di Terrence Malick, una storia dove è molto importante il dialogo, le immagini e gli scenari.

Scenografia e fotografia da applausi

 

Sicuramente “Narciso Nero” (Black Narcissus) è il prodotto più autoriale, almeno per gli ultimi due anni, sfornato da FX in collaborazione con BBC. La storia scorre, non annoia e si viene subito ipnotizzati da quel palazzo, come le suore che mettono in dubbio la propria fede trovandosi a tirare fuori i propri scheletri dagli armadi. Quindi non è il classico prodotto mainstream per tutti i palati. Anzi, sembra quasi un prodotto figlio dell’epoca in cui è ambientato, ma non per questo non si empatizza con i personaggi della storia. Tutti lottiamo con i nostri demoni che cerchiamo di zittire inutilmente ogni giorno.

Sublime la fotografia della regista Charlotte Bruus Christensen, sicuramente la più bella vista quest’anno in un prodotto cinematografico. Si vede la sua provenienza come direttrice della fotografia, tra cui i grandi film Il sospetto, Via dalla pazza folla di Vinterberg e il cult A Quiet Place – Un posto tranquillo. Qui c’è grande importanza ai contrasti tra luce e ombra, sensuali e sensazionali sovrapposizioni di colore come segni premonitori. Sembra di vedere una tavolozza in continuo movimento!

La magnifica scenografia fa da tela a questo eccellente lavoro di fotografia e direzione con una scrittura che dà molta attenzione alla caratterizzazione dei personaggi e alle vicende. Si va molto a fondo nelle situazioni, nella psiche dei personaggi e ci si rimane ipnotizzati con un crescendo di capitolo in capitolo fino al finale che sembra trasformarsi in una ghost story à la Haunting of Hill House.

Le sorelle in preghiera

 

Anche se ci sono più dialoghi che azione, “Narciso Nero” (Black Narcissus) non annoia visto che non ha mai un tempo morto e non perde mai il nocciolo della vicenda da sviscerare. Bellissimo poi questo erotismo che si sente nell’aria, ma che non si palesa pienamente se non con estrema delicatezza, ma anche curiosità, un po’ come in Lezioni di piano di Jane Campion.

Gemma Arterton è una sublime protagonista nei panni di sorella Clodagh, molto attenta nel dare tutte le sfumature, e contraddizioni, della giovane donna dal triste passato. Una performance emozionante, commovente e mai fuori luogo. Con un personaggio del genere si rischia l’overacting, ma non è assolutamente il suo caso, così completamente immersa nel suo difficile personaggio che cerca di dimenticare chi è stata e le sue tentazioni, anche flagellandosi. Superba in una prova attoriale che rimarrà nel tempo come successo con Audrey Hepburn nel capolavoro Storia di una monaca, senza scomodare la Kerr che ha interpretato Clodagh nella trasposizione cinematografica degli anni ’40.

Gemma Arterton è sorella Clodagh

 

Non è da meno la giovane Aisling Franciosi nei panni di sorella Ruth, un talento pazzesco, feroce come una tigre e tremendamente carismatica. Ottimi i comprimari come Rosie Cavaliero, il grande Jim Broadbent, Patsy Ferran, Nila Aalia e Diana Rigg nella sua ultima performance televisiva prima della sua scomparsa (emozionante la dedica a lei alla fine della terza puntata). Impeccabile e perfetto Alessandro Nivola nei panni di Mr. Dean, affascinante e perfetto diavolo tentatore (involontario), il quale ha una bellissima chimica con la Arterton. Il Premio Oscar Anne Dudley è ciliegina sulla torta con la sua colonna sonora suggestiva, senza dimenticare anche il montaggio notevole specialmente quando si viaggia nei ricordi di sorella Clodagh.

Imperdibile “Narciso Nero” perché è veramente un eccellente prodotto che ricorda il cinema malickiano, tanta è l’attenzione per la scenografia, fotografia e dialoghi. Completamente conquistato!

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14 Aprile 2021 0 comment
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My Zoe, toccante ed emozionante racconto di perdita e speranza

by Gian 11 Gennaio 2021

Isabelle è una genetista che vive a Berlino. Sta divorziando da James, un uomo molto brusco, e si contendono la custodia della loro figlia Zoe. Un giorno, però, la bambina non si sveglia ed entra in coma. Quando non ci sarà più niente da fare, la madre scienziata non si rassegnerà di dire addio per sempre a sua figlia e farà di tutto per riaverla con sé.

Presentato al Toronto Internaional Film Festival e allo Zurich Film Festival nel 2019 e uscito lo scorso anno in on demand in quasi tutta Europa – tranne da noi – dopo una premiere al Tribeca Film Festival, My Zoe viene classificato come un dramma con venature da thriller scientifico visto che affronta discorsi, e dilemmi, etici sulla sperimentazione.

Toccante, emozionante e tremendamente realistico, My Zoe è un film che non si dimentica.

Julie Delpy con Sophia Ally e Richard Armitage

Incredibile la costruzione di questa famiglia spezzata con una bimba estremamente amata dai propri genitori, i quali non riescono proprio ad andare d’accordo. Continue frecciatine, colpi bassi – specialmente da lui che non riesce a digerire il fatto che la sua ex moglie abbia un nuovo compagno – e tanti rancori. Si soffre ad assistere a questo teatro, specialmente quando la situazione peggiorerà con il ricovero della piccola Zoe. Tutto quello scritto sopra si amplifica, si moltiplica aggiungendo gli inevitabili sensi di colpa e lo scaricare la colpa. Un colpo fortissimo allo stomaco, ma estremamente reale e mai retorico.

A questa prima parte ne segue un’altra che porta alla discussione, al dibattito. Una madre che non si rassegna a dire addio alla propria figlia e che le prova tutte pur di riavere una Zoe in perfetta salute. Non tutti saranno d’accordo con le scelte della protagonista, ma è proprio questo il bello. Sicuramente non è una visione facile per chi è genitore.

Julie Delpy è Isabelle 

Julie Delpy scrive, dirige ed è la protagonista di questo bellissimo dramma e le riesce tutto fantasticamente bene.

L’artista francese ha iniziato a prendere appunti per questo film più di venti anni fa, dopo aver parlato con Kieslowski sull’essere genitori, amore e destino e si vede che ci crede così tanto in questo progetto per quanto è realizzato con cura ed estrema attenzione. Grande tensione drammatica e interessanti gli sguardi che presenta dal punto di vista della protagonista, come quando sta per perdere la figlia e viene inquadrato un uomo che fuma oppure quando vorrebbe riavere sua figlia e vede donne più grandi di lei in piena gravidanza. La Delpy non si vergogna a mostrare l’invidia, la rabbia della protagonista che non si rassegna fino all’ultimo minuto del film. La scena in cui si immagina di prendere per mano sua figlia è indimenticabile.

Ottima la sceneggiatura che non si preoccupa di piacere, ma che racconta senza filtri uno spaccato di vita vera con una virata fantascientifica. Anche nella seconda parte, quando si va nell’etico, non perde di mordente e di interesse con dialoghi, battute e personaggi efficaci.

My Zoe, inoltre, è un film recitato in maniera meravigliosa.

Gemma Arterton e Daniel Bruhl sono Laura e Thomas Fischer

Julie Delpy è gigantesca nei panni di Isabelle in una performance mai urlata ed estremamente sofferta. Le grida vengono da dentro. E’ affiancata da un altrettanto grandioso Richard Armitage in una performance cinematografica finalmente all’altezza del suo sconfinato talento mostrato più volte sui palcoscenici teatrali e meno sul grande schermo, colpa di ruoli che non facevano la differenza.

I due immensi interpreti sono accompagnati da comprimari di tutto rispetto come Gemma Arterton – perfetto contraltare della protagonista nei panni di una madre con grande morale ed etica – e Daniel Bruhl come dottor Fischer, diviso tra etica e desiderio di essere sempre il primo sul campo. L’attore ispano-tedesco e la Arterton sono impeccabili come coniugi e hanno una bella chimica.

Degna di nota, come se ci fossero dei dubbi, Lindsay Duncan nei panni della madre della Delpy. Incredibile che non siano veramente madre e figlia nella vita reale vista la somiglianza!

Gemma Arterton è Laura Fischer

My Zoe è un film che entra delicatamente sottopelle, che commuove e non si fa dimenticare. Un gioiellino che meriterebbe più attenzione, con la speranza che arrivi presto anche in Italia.
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11 Gennaio 2021 0 comment
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Safer at Home, la violenza domestica durante il lockdown

by Gian 15 Dicembre 2020

Durante il primo lockdown la BBC ebbe la brillante idea di produrre degli spettacoli originali casalinghi interpretati da artisti britannici. Tutte le sfaccettature del lockdown, senza tanti giri. Il nome della serie? Unprecedented: Real Time Theatre from a State of Isolation. Gemma Arterton è protagonista in uno di questi.

Ellie è una giovane donna incinta che sta facendo il lockdown con Mike, suo marito che la controlla in ogni spostamento. L’unica con cui parla su Skype è la sua suocera Betsy, che cercherà di aiutarla quando le cose prenderanno una brutta piega.

Safer at Home, secondo spettacolo della seconda puntata, è un titolo decisamente amaro. Un primo piano di vuota disperazione fa da prologo di questo eccellente racconto costruito in maniera magistrale. Un crescendo di tensione, il desiderio di aiutare questa povera donna che non può scappare da un marito violento.

Solo in Italia, da marzo a giugno 2020, il numero di richieste di aiuto per sé o per altri, arrivate al numero verde 1522 per la violenza e lo stalking sono raddoppiate rispetto allo stesso periodo del 2019 (+119%).

Gemma Arterton, Geraldine James e Rory Keenan

Quindi non è importante solo parlare di questo problema, ma come parlarne senza cadere nel patetico. Col fatto che si hanno a disposizione nemmeno dieci minuti il tutto è estremamente concentrato e ben presentato e sviluppato. La calma – apparente – dura poco e si cade subito in un profondo buco nero. La protagonista nelle poche situazioni in cui è sola va in primo piano, sembra quasi cercare aiuto oltre lo schermo come se fosse a una finestra. Costruire tutto questo solo con le schermate di Skype non è per niente facile.

Teso e claustrofobico, Safer at Home è un esempio di come fare grande cinema con pochi mezzi, ma tante idee – e talento.

Perché questa non è semplice televisione, ma Cinema con la C maiuscola. Un mockumentary atipico più spaventoso di horror. Eccellente la sceneggiatura di Anna Maloney e notevole la regia di Brian Hill con un sapiente crescendo che sfocia nell’orrore. Tutto questo è di una potenza inaudita, lo spettatore viene preso alla gola e a fine visione rimane con una grande ansia e preoccupazione, come se si trattasse di un’amica preziosa. Safer at Home è un racconto necessario che deve essere mostrato ovunque per sensibilizzare sulla situazione.

Il primo piano di Gemma Arterton all’inizio di Safer at Home

Meravigliosamente intensa Gemma Arterton che divide per la prima volta lo schermo, dopo il palcoscenico, con suo marito Rory Keenan. Inutile dire che hanno una bellissima chimica e alchimia, anche se la storia che raccontano è tutto tranne rose e fiori. L’attrice inglese riesce a entrare nel cuore di chi guarda già solo con uno sguardo. Pazzesca interpretazione che non si dimentica, non le servono molte parole per capire come stia veramente. Chiude questo eccellente trio di interpreti Geraldine James, vista precedentemente in Alice in Wonderland e negli Sherlock Holmes di Guy Ritchie.

Un peccato che Unprecedented in Italia sia passato inosservato. Questi racconti vanno oltre la cultura inglese visto che parlano di problemi mondiali, che spesso rimangono silenti come le donne che subiscono violenza domestica.

Solo applausi per Safer at Home, eccellente pezzo di televisione che entra nel cuore e colpisce con estrema verità e grande gusto.

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15 Dicembre 2020 0 comment
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L’ora più bella, un meraviglioso e necessario inno di amore e speranza – La recensione

by Gian 30 Novembre 2020

Un gioiello prezioso che fa bene all’anima e al cuore, un capolavoro da non perdere.

Durante la seconda guerra mondiale, Catrin Cole viene assunta come sceneggiatrice per dare un tocco femminile a un film sulla propaganda, realizzato per alzare il morale della popolazione inglese.

Dopo aver ricevuto standing ovation alla premiere mondiale durante il Toronto International Film Festival del 2016 e aver avuto recensioni entusiastiche, senza dimenticare un fantastico 90/100 su Rotten Tomatoes, “L’ora più bella” (Their Finest) ha impiegato molto tempo ad arrivare in Italia visto che è uscito direttamente in dvd e blu-ray solo lo scorso anno. Non è servito neanche il premio come miglior film vinto nel 2017 all’Umbria Film Festival e neanche le candidature ricevute nella stagione premi.

Un vero peccato perché “L’ora più bella” è un grandissimo film equilibrato in maniera meravigliosa tra guerra, commedia, dramma, romanticismo senza dimenticare di denunciare la condizione lavorativa della donna.

Gemma Arterton e Sam Claflin

Ogni suo ingrediente è dosato alla perfezione, tutto è bilanciato in maniera grandiosa e impeccabile. Si avverte una grande esigenza di raccontare questa storia di tanti anni fa che non è poi così lontana ai nostri giorni. Questo capolavoro emana Amore in ogni inquadratura senza mai cadere nello stucchevole e nel banale. Questo grande sentimento non è solo tra personaggi, ma anche per il cinema. Un’ineccepibile cura dei dettagli, dalla ricostruzione storica alla realizzazione del film che girano i protagonisti.

“L’ora più bella” insegna quanto sia importante l’arte nei momenti più bui dove siamo senza speranza. Un tema necessario, specialmente in questo periodo storico che stiamo vivendo.

Bill Nighy è Ambrose Hilliard

La sceneggiatura è solida, ben scritta e la regista Lone Scherfig, famosa per i più celebri One Day e An Education, orchestra in maniera eccellente ogni tematica: dalla guerra al romance, dalla commedia alla condizione lavorativa dell’attore anziano e della donna. Splendida la fotografia di Sebastian Blenkov e preziosa la colonna sonora di Rachel Portman, come i costumi ideati Charlotte Walter, un’esperta per quanto riguarda i film d’epoca. Il cast è grandioso: Sam Claflin mostra quanto sia un ottimo interprete, così completamente immerso nei panni dello scorbutico Buckley che ti dimentichi dell’attore. Sicuramente la sua performance più incisiva della sua carriera! Bill Nighy, invece, è la componente comica del film e ci regala il suo ruolo più corposo e indimenticabile dai tempi di Love Actually. Il suo Ambrose Hilliard è delizioso, divertente e divertito nel dipingere questo attore sulla via del tramonto con atteggiamenti da divo, ma col cuore grande. Sicuramente una prova da premi!

Gemma Arterton si conferma interprete sopraffina nel difficile ruolo di Catrin. Lei sorregge gran parte del film sulle sue spalle e lo fa come farebbe una grande attrice. Una performance in cui regala un range di emozioni esponenziali, partendo dalla determinazione della donna nel prendersi il suo posto in un ambiente maschilista fino alla grande intensità nell’ultima mezz’ora di racconto. Non è mai esagerata, sempre estremamente misurata e completamente dedicata al personaggio. I comprimari sono di gran lusso come Jack Huston, Helen McCrory, Richard E. Grant, Eddie Marsan, Jeremy Irons e il simpaticissimo Jake Lacy.

Gemma Arterton è Catrin Cole

Sì, “L’ora più bella” è un grandissimo film che va conosciuto e amato. Uno di quelli che si lascia guardare, che ti diverte, emoziona e commuove. Uno di quei capolavori che entrano nel tuo cuore per non andarsene più. Imperdibile.
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30 Novembre 2020 0 comment
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La leggendaria Dolly Wilde, riuscito racconto di crescita

by Gian 24 Novembre 2020

Una teenager che vive con la sua famiglia squattrinata in Wolverhampton, Inghilterra, cresce diventando una popolare ma discussa giornalista musicale.

E’ uscito direttamente in noleggio e in vendita sulle maggiori piattaforme on demand “La leggendaria Dolly Wilde”, in lingua originale How to Build a Girl, deliziosa commedia di crescita tratta dall’omonimo romanzo di Caitlin Moran la quale firma anche la sceneggiatura.

Protagonista è la promettente e sempre più lanciata Beanie Feldstein nei panni dell’intraprendente e determinata Johanna. E’ stanca di essere la sfigata della scuola e coglie al volo l’occasione per iniziare a lavorare come giornalista. Non fa niente se non sa molto di musica, imparerà strada facendo anche se il successo le dà presto alla testa.

L’unico neo di questo film è che è tutto già visto con la classica protagonista che da simpatica diventa detestabile e poi cerca redenzione. Fortunatamente è il modo in cui viene raccontata questa storia a funzionare: frizzante, divertente e recitato in maniera veramente ottima.

Se Paddy Considine, nei panni del padre della protagonista, è sempre un ottimo interprete rimangono impresse nella mente lo stuolo di divertenti, e divertite, star che interpretano le foto animate di personaggi famosi a cui parla la protagonista. Così troviamo Gemma Arterton nei panni della leggendaria icona Maria von Trapp di Tutti insieme appassionatamente, Lucy Punch come Sylvia Plath, Sharon Horgan come Jo March, Jameela Jamil come Cleopatra, Martin Sheen come Freud e anche Lily Allen come Liz Taylor. Le scene con loro sono veramente divertenti, riuscite e originali. Queste performance, anche se sullo sfondo, ci regalano delle piccole chicche caratterizzate alla grande.

La vicenda, quindi, viene sviluppata in modo simpatico e spesso originale. Non abbiamo visto spesso una giovane ragazza che vuole diventare scrittrice visto che siamo abituando a cantanti e ballerine wannabes. Interessante il rapporto della protagonista col padre, ma anche con l’artista John Kite interpretato dal bravissimo Alfie Allen.

La visione di “La leggendaria Dolly Wilde” scorre piacevole. Un film che, anche se prevedibile, ha un proprio appeal e non si dimentica del tutto a fine visione.

Gemma Arterton è Maria von Trapp

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24 Novembre 2020 0 comment
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La ragazza che sapeva troppo, capolavoro horror degli ultimi anni

by Gian 23 Novembre 2020

Una scienziata, un’insegnante e un sergente vivono in un futuro distopico e devono sopravvivere a un’invasione di hungries (zombie) insieme alla bambina hungrie Melanie, la quale sembra essere la chiave del futuro. La scienziata vuole sezionarla per farci esperimenti, mentre l’insegnante vuole istruire lei e i suoi simili.

Dopo aver avuto anteprima mondiale come film d’apertura al Festival di Locarno 2016 ed essere stato uno dei più acclamati ed apprezzati film indie dell’anno, esce direttamente su NETFLIX “The Girl With All The Gifts”, tradotto da noi in “La ragazza che sapeva troppo”.

Il film, tratto dall’omonimo romanzo, è il miglior film di zombie dai tempi di “28 giorni dopo”. Finalmente i non morti non vengono messi solo per sbranare persone, ma sono un mezzo per raccontare la società, il futuro.

Si torna, quindi, a raccontare lo zombie come l’ha concepito il grande George A. Romero per la prima volta nel 1968 in “La notte dei morti viventi”. “La ragazza che sapeva troppo” ha una grandissima sceneggiatura, una delle più belle per il genere horror degli ultimi anni: mai banale, sempre originale, accattivante, misteriosa, poetica, intelligente.

Anche se i personaggi non vengono molto approfonditi, colpisce sin da subito il rapporto tra la piccola hungrie Melanie e l’insegnante Justineau, sviluppato in maniera eccellente. Splendido il parallelismo con la mitologia greca, toccante la scena della giovane protagonista che si affaccia al mondo e clamoroso il finale pessimista con un curioso collegamento all’inizio.

Interessante come vengono presentati gradualmente i bambini hungries, partendo dalla cella, portandoli legati in classe e via dicendo. Porta lo spettatore ignaro della storia a domandarsi “perché sono in cella?”, “perché sono legati sulla sedia?”.

Colm McCarthy, regista formatosi alla tv in serie come “Sherlock” e “Peaky Blinders”, dirige in modo eccellente il film riportando sullo schermo tutta la poesia, rabbia, drammaticità, orrore e pessimismo della storia. Ha delle scene da antologia come quella della classe di hungries, della saracinesca, il passaggio del cast tra gli zombie e il suddetto finale.

Che dire del cast? Assolutamente eccellente! Sennia Nanua è una rivelazione, un grande talento su cui scommettere per il futuro. Meritatissimo il premio vinto come miglior attrice al Sitges Film Festival. La giovane regge con estrema disinvoltura tutto il film sulle spalle e ha una grande alchimia con una sempre intensa e intelligentemente misurata Gemma Arterton, la quale finalmente ha trovato il suo spazio cinematografico che la valorizza alla grande. E’ un piacere vederla litigare con la pazzesca Glenn Close, che è sempre una garanzia! Paddy Considine è sempre impeccabile.

Per una volta non troviamo love story, smancerie, final girls dalla maglietta bagnata, ma un’intelligente analisi sulla società e sul futuro con donne intelligenti e uomini di poche parole.Sennia Nanua e Gemma Arterton

Bellissima la fotografia di Simon Dennis e convincente anche la colonna sonora di Cristobal Tapia de Veer. Ottimo lavoro della produttrice Camille Gatin, premiata per questo film ai British Independent Film Awards. Meritatissima ogni nomination e vittoria ai Festival di tutto il mondo, dai BAFTA ai BIFA.

“La ragazza che sapeva troppo” è un capolavoro del genere e del cinema indie. Uno splendido ritorno ai grandi zombie movie intelligenti e non privi di cervello. Assolutamente da non perdere!

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23 Novembre 2020 0 comment
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Quattro Vite, viaggio autoriale nei ricordi della donna

by Gian 15 Settembre 2020

Una giovane donna si trasferisce a Parigi dopo un disastroso passato. Appena riesce a realizzarsi e ad avere una nuova vita, il passato torna a bussarle alla porta.

Dopo essere stato presentato al Toronto International Film Festival nel 2016 e aver avuto un rapido passaggio nelle sale italiane lo scorso Agosto, esce su Amazon Prime Video e in dvd per Movies Inspired “Quattro Vite” (Orpheline in lingua originale), film francese drammatico veramente interessante.

Un viaggio a episodi nella vita della Donna, dall’età adulta all’infanzia.

Gemma Arterton e Adele Exarchopoulos

E’ interessante questo percorso a ritroso per conoscere il passato con i relativi traumi e scheletri nell’armadio. Anche se a leggerlo non sembra niente di nuovo, la visione di “Quattro Vite” merita per come viene realizzato questo racconto. Per carità, la sceneggiatura non mette collante tra un’età e l’altra se non per il personaggio di Tara, interpretato da Gemma Arterton, e lascia sospesi dei quesiti e delle situazioni. Ha un bellissimo colpo di scena, ma pecca un po’ di freddezza e di profondità ed è un dispiacere perché poteva essere un piccolo capolavoro.

Il regista Arnaud des Pallières dirige con sensibilità e attenzione la storia seguendo in modo quasi maniacale l’eccellente cast, punta di diamante del film: talentuosissime le giovani Vera Cuzytek e Solène Rigot (una piccola lolita), intensa Adèle Haenel e credibile Adèle Exarchopoulos, anche se è la più debole del mazzo.

E’ un piacere vedere Gemma Arterton per una volta nei panni di un personaggio negativo, sporco. Estremamente credibile anche in un ruolo totalmente diverso da ogni altro interpretato in passato. Perfetta!

Gemma Arterton è Tara

“Quattro Vite” è un bel film d’autore drammatico che tiene incollato lo spettatore tra un salto cronologico e l’altro. Alla base c’è del buon materiale, se pur imperfetto, e hanno saputo svilupparlo nel miglior modo possibile.

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15 Settembre 2020 0 comment
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Vita & Virginia, l’elegante e raffinato coming out di Virginia Woolf – La recensione

by Gian 14 Febbraio 2020

La travolgente storia d’amore tra le scrittrici Virginia Woolf e Vita Sackville-West dopo essersi conosciute a una festa nel 1922. Questa relazione ispirerà la prima a scrivere Orlando, uno dei suoi più grandi successi.

Esce on demand in Italia “Vita & Virginia”, film drammatico indipendente presentato al Toronto International Film Festival di due anni fa. Tratto dall’omonimo testo teatrale di Eileen Atkins, qui anche sceneggiatrice insieme alla regista, tutto parte dal lungo scambio epistolare delle due donne unito nella raccolta Scrivi sempre a mezzanotte – Lettere d’amore e desiderio edito da Donzelli.

Chanya Button, al suo secondo lungometraggio dopo il riuscito Burn Burn Burn, si è documentata e informata dettagliatamente su questa love story poco conosciuta ed è particolarmente ispirata nel dirigerla con delicatezza, rispetto, emozione e naturalezza.

“Vita & Virginia” parla di sentimenti che vanno oltre l’inclinazione sessuale. Vita non si fa problemi sui suoi gusti, segue l’istinto e il cuore con determinazione.

Gemma Arterton è Vita Sackville-West

Dove passa quest’ultima cresce la vita, la passione e Virginia si lascia cadere nel suo fascino, carisma. Un amore che le dà felicità, forza per continuare a vivere, ma non è facile accettare questa sua attrazione per la donna. Ecco, il coming out è una componente importante di questo film, quasi più dei fatti che gravitano intorno la storia d’amore. Se da una parte troviamo una persona a suo agio con la propria identità sessuale, dall’altra vediamo una donna in difficoltà. Tutto viene trattato con maturità, intelligenza, poesia e chi guarda si identifica con facilità nelle due grandi protagoniste.

“Vita & Virginia” è un film poetico, emozionante fatto di contrasti, di riflessi, di sguardi, di carezze, di passione rovente che ti cambia la vita e che non morirà mai.

Molto difficile trasporre sul grande schermo un testo teatrale con solo due personaggi, specialmente se si basa su delle lettere e non su eventi veri e propri. Ma la missione è compiuta in maniera più che convincente. Si parla di indipendenza, femminismo, amore in maniera non tossica e ridondante. Una sceneggiatura molto intelligente che ci regala bei dialoghi e momenti toccanti parlandoci di un amore destinato a diventare immortale grazie non solo alle lettere, ma al romanzo Orlando.

Elizabeth Debicki è Virginia Woolf

La colonna sonora elettronica di Isobel Waller-Bridge è anello di congiunzione tra passato e contemporaneità per una storia di due donne avanti per il tempo in cui vivevano. Ottimi i costumi di Lorna Marie Mugan in linea con le personalità dei personaggi.

Eccellente il cast capitanato da due protagoniste perfette nei propri ruoli e con un’alchimia palpabile. Se Gemma Arterton, anche produttrice del film, conferma il suo talento dando corpo alla determinata, frizzante, appassionata e rovente Vita è Elizabeth Debicki a regalarci una performance da masterclass molto intensa, profonda, perfetto contrasto della sua amata. Una Virginia che non è solo depressione, come siamo abituati a vederla, ma piena di sfumature e senza trucchi posticci. Insieme formano una coppia di grande talento e perfezione. Non vediamo le attrici, ma i personaggi. Tra i comprimari fa piacere rivedere la sempre meravigliosa Isabella Rossellini.

Uno dei fotogrammi più belli di “Vita & Virginia”

In “Vita & Virginia” è ben chiara l’impostazione teatrale e gli eventi si susseguono con eleganza e raffinatezza. Un film necessario già solo per conoscere questa storia d’amore poco conosciuta, ma non meno meravigliosa di tante altre più celebri. Sicuramente non è un film perfetto, ma lascia il segno più di altri blasonati. E’ dura la vita del cinema indipendente!

Una curiosità in chiusura? Eva Green avrebbe dovuto interpretare Virginia, ma l’attrice francese ha rinunciato per “Dumbo” di Tim Burton.

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Gemma Arterton Italia

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